Qualche mese fa sono venuta a conoscenza di un progetto molto interessante sul recupero di pecore antiche.
Per chi come me fa si interessa alla ricostruzione di tecniche antiche, alla fine è costretto a scontrarsi sul fatto che i materiali in millenni o in secoli sono cambiati e che quindi non si potrà mai avere una ricostruzione al 100%.
Per la lana il problema è genetico.
Non ci sono più le pecore di una volta.
Sembrerebbe un modo di dire, ma è vero.
Nel tempo l’uomo ha modificato gli animali per i propri fini: abbiamo mucche che fanno più latte del dovuto, maiali grossi per prosciutti saporiti, pecore preferite o per la loro carne o per la loro lana.
Purtroppo le pecore preferite per la lana sono sempre di meno…
In Italia non conviene nemmeno lavorarla: si butta direttamente nelle discariche, senza passare per il via.
Una tristezza infinita.
Non solo per lo spreco di materiale naturale meraviglioso, ma anche per la perdita di sapere artigianale. Prima il business gente!
Pulire, cardare, filare un vello, anzi velli di un intero gregge, sono lavori che nessuno vuol più fare. E’ roba da manovali sottopagati.
Eppure…
L’Inghilterra da anni ha iniziato un recupero delle sue storiche lane: saranno le stesse che nel medioevo hanno vestito re e regine e tenuto al caldo le classi più nobili di corti e signorie?
E l’Italia.
Stranamente anche in Italia qualcosa si sta muovendo.
L’Abruzzo sta recuperando qualcosa, anche se le mie notizie riguardavano un pre terremoto. Di certo nel post terremoto tante pecore sarde sono andate a rimpolpare i greggi abruzzesi. Quanta meravigliosa fierezza nello scambio e nell’aiuto fra pastori vidi alla tv in quei giorni!
Ma torniamo a noi.
A noi, noi…cioè nella mia terra, visto che anche qui si sta recuperando qualcosa, o meglio qualcuno.
La Pecora Cornigliese.
Dobbiamo ringraziare l’associazione Arcadia (nome evocativo!), la Fondazione Cariparma e la Provincia di Parma nell’assessorato all’Agricultura.
Riferisco dal volantino che mi hanno mandato:
“La pecora del Corniglio, originaria dell’Alto Appennino Parmense, ottenuta a metà del ‘700 dai Borbone con incroci fra pecore locali e la razza Merinos ed ulteriormente incrociata con Arieti Bergamaschi, è un animale di grande mole la cui lana con alto tenore di cisteina e cistina ha buone qualità tessili.”
L’iniziativa meravigliosa dell’associazione per far conoscere questa lana è “semplice”:
hanno regalato fino a metà gennaio 3 etti (credo, non l’ho pesata. Vado a memoria) di lana, da lavorare con le tecniche più disparate e varie e poi riconsegnare i manufatti per organizzare una mostra.