Per tutta una serie di motivi, fra cui il fatto che non riesco a star dietro a tutta la Storia, la parte del Sud Italia medievale mi è poco conosciuta nel suo particolare. Non è che non sappia cosa sia successo, ma in effetti la conoscenza della storia in ottica anche islamica o semplicemente araba mi sfugge. Quindi, considerando anche che non si smette mai di imparare la storia templare, ho iniziato a curiosare.
Uno dei primi libri che mi sono presa, come introduzione al periodo, è quello in questione in questa recensione e devo dire che il primo approccio è stato faticoso perché la prosa delle prime pagine è piuttosto fuorviante per quello che sarà il vero narrare storico. Mi sono chiesta se fosse colpa mia nel senso che cerco sempre libri tecnici e non so più affrontare quelli introduttivi “alla portata di tutti” (il libro è stato comprato da Feltrinelli e non nei soliti canali specialistici da cui mi rifornisco); oppure altro era l’intento dello scrittore facendone quasi un romanzo storico. Per fortuna ci siamo compresi subito dopo e tutta una serie di nozioni molto interessanti sono state segnate a buon rendere.
Il meridione, anche se non tutto e non con la stessa copertura, ha dovuto affrontare una serie di conquiste e di cambiamenti di poteri, diversamente dal nord, ma tutti apportatori di leggi, mercati, alleanze, usi e costumi; in questo caso la conquista ha apportato un elemento ancor più importante per le conseguenze che si porta dietro: la religione. Non che il continente europeo non si sia portato dietro il problema religioso, a volte anche solo come paravento dietro cui nascondere altri problemi o anche discriminazioni, ma di solito si trattava, una volta che il cristianesimo si era imposto nel centro sud Europa, di modi di percepire la stessa dottrina; qui invece si parla di un’altra religione, di qualcosa di diverso, anche se normalmente si tende a omologare le tre religioni del Libro sotto una stessa cosa. Le differenze ci sono, ci saranno sempre, ma il testo giustamente non tratta di teologia ma di cultura o eventi storici, di politica e di economia. E quindi si riscopre l’importanza di un governo unico o dalla stessa parte per favorire gli scambi commerciali (prima era l’impero romano, poi, in questo caso, è l’appartenenza a un unico sentire o religione anche se i governatori sono i più disparati) nel Mediterraneo. Si da forza al fatto che dall’ 800 in poi i popoli musulmani erano una forza in espansione e anche in costruzione, con sì desiderio di conquista, ma anche stimoli intellettuali e di tolleranza; tutto ciò ha permesso di dare un’ulteriore spinta di progresso in quei territori che per varie scelte politiche e casuali erano ai margini dell’impero (vedi la Sicilia).
Una volta che perde il modo romanzato di raccontare la vicenda, il testo mi è diventato fondamentale soprattutto perché tratta argomenti che di solito sono passati sotto silenzio in quasi tutti gli altri: la schiavitù (fenomeno molto comune in tutto il medioevo e che bisognerebbe studiare meglio); i commerci sia in ottica di tratte che di materiali; i rapporti con le altre figure religiose e il concetto di tolleranza (altalenante e comprensibilmente logico), soprattutto trattando anche le comunità ebraiche da una parte all’altra del mare. Molto importante per quello che mi serve anche il discorso sui materiali tessili (lino, seta e cotone) che di solito si pensa siano arrivati in Italia in epoche successive, con le crociate: lo storico invece, attraverso i documenti, anticipa la loro venuta e la loro diffusione sia come coltivazioni che come lavorazione.
L’ultimo capitolo è dedicato a Lucera e ne da un racconto ben diverso da quello che mi ero fatta leggendo e ascoltando i miei amici rievocatori del sud: non una città aperta, nata spontaneamente e culla di cultura, ma un vero e proprio ghetto dove Federico II (stupor mundi sì, ma approfittatore a suo vantaggio sempre) aveva fatto deportare la popolazione siciliana di fede musulmana. Mi si è aperto un modo nuovo di vedere sia l’imperatore che i vari rapporti che egli aveva con le più disparate personalità e comunità viventi sotto il suo impero: qualcosa di ancor più complesso e nello stesso tempo meno lontano dalla mentalità medievale del tempo.
Qualcuno leggendo la mia recensione potrà pensare che l’autore sia di parte e in effetti a mio parere lo è stato, ma non come credete. Feniello ha deciso di “parteggiare” per i musulmani, i conquistatori prima e detentori legittimi poi (perché, ricordiamocelo, se occupi un territorio per quasi o più 100 anni qualche legittimità te la sei fatta anche se agli altri non piace), scegliendo di raccontarci il loro “regno” in modo sempre positivo e la “reconquista” dei normanni, dei bizantini e di altri poi come un decadimento all’imbarbarimento più totale. Scelta, che io non condivido non perché parteggi per i musulmani, ma perché per quanto a uno piaccia parlare di una parte la Verità sta sempre nel mezzo tanto più nella Storia che ha fenomeni talmente complessi che bisogno prenderli con tante pinze. Diciamo che è solo una scelta stilistica, più che di metodo vero e proprio, ma con più distacco forse avrei potuto comprendere al meglio la tridimensionalità e multiculturalità del periodo e della zona geografica.
Una lettura che consiglio comunque per chi volesse iniziare a capirne un po’ di più sulla nostra storia e sul fatto che c’è sempre uno scotto da pagare per essere multiculturali ma la Storia ci fa sempre vedere quale se lo si vuole vedere.
Scheda tecnica
anno di pubblicazione: 2011
casa editrice: Editori Laterza
finito di stampare maggio 2011 presso SEDIT- Bari per conto della Gius. Laterza & Figli Spa
copertina: “Suonatori di flauto e tamburo presso la fontana di un palazzo” dettaglio della navata centrale del soffitto della Cappella Palatina di Palermo. Foto archivio Franco Cosimo Panini Editore, © Fondo Edifici di Culto-Ministero dell’Interno. Pugnale ottomano. Foto © SSPL/Getty Images
progetto grafico: Silvia Placidi/Grafica Punto Print
pagine 306