Riflessioni notturne post allenamento

Stasera sono proprio stanca.
Partivo già con la schiena mezza bloccata, ma non ho voluto saltare l’allenamento. Scherma medievale è l’unico sport, chiamiamolo così, a cui non mi do scusanti per bigiare.
C’è qualcosa che mi spinge ad andare.
Non è arroganza, perché sono un veterano per anzianità non certo per eccellenza.
Sono scordinata, mi dimentico le sequenze, tendo a perdere il baricentro. Tutte cose che non vanno bene. Tutte cose che si notano quando si fanno i duelli in libera. Stasera mi sono beccata almeno 3 colpi non visti in testa dal Maresciallo. Tre colpi che mi hanno rimbombato nella testa e nel naso.
Tempo, distanza, opportunità.
Tutte cose che si imparano, ma che devono diventare meccaniche.
Non ci sono ancora.
Eppure questo invece che scoraggiarmi mi sprona.
Chi mi conosce sa che tendo alla pigrizia e che dico sempre che devo andare in palestra ma non ci vado mai.
Eppure un’ora e mezza di scherma è fatica, ma mi ricarica.
Mi mette a confronto con me stessa e coi miei problemi.
E’ il limite oltre al quale devo andare.
Il limite oltre la schiena bloccata e dolorante; il limite oltre al ginocchio che scricchiola e che deve essere supportato dal tutore; il limite oltre all’altro ginocchio che ogni tanto si offende. Il limite oltre il destino che mi porto dietro.
So che posso andare oltre a quel limite, lo sento, lo capisco e lo percepisco.
Indossare il tutore nello spogliatoio precede lo stesso gesto in rievocazione sotto le calzabrache.
Scaldare i muscoli prima dell’allenamento precede la preparazione alla battaglia.
Indossa ogni singolo elemento dell’armatura è ricordarmi che posso farcela.
Chi non mi conosce, chi non ha passato con me i momenti difficili legati al fisico non capirà quanto per me ogni singolo allenamento sia un vero inno a me stessa, a quello che posso fare e che potrò fare, al sentirmi viva.
Stasera gira così, dopo aver fatto un allenamento curato, faticoso, io e mio fratello e basta col maestro (certo che se il Maresciallo non avesse atterrato Saetta dopo 2 minuti di libera, magari riuscivamo a fare di più), gira che tutti muscoli domani saranno offesi e non mi parleranno, ma alla fine va bene così.
Buona notte.

Un sorriso vale più di mille parole

Ogni tanto qualcuno mi chiede, dopo che sono tornata da una rievocazione, un resoconto dell’evento. Io faccio fatica a fare una cronaca, perché una rievocazione non è un susseguirsi di cose viste, di dettagli filologici o meno scoperti, di richieste da parte dell’organizzazione, di posti visitati (ecco questo proprio no, visto che raramente abbiamo tempo per fare i turisti, anche se ogni tanto scappa). Soprattutto quando sono 10 anni che vai in giro per Italia e all’estero queste cose non le noti più, sono dettagli noiosi.
Quando vado in rievocazione spesso ritorno in campi che frequento da anni, mi guardo attorno per salutare i vecchi amici, stringerli in abbracci, sapere come stanno; dopo che è un anno che bazzico su fb essa è anche l’occasione per incontrare davvero i tuoi contatti, guardarli negli occhi e vedere delle persone dietro un profilo. Poi ci sono i rapporti diplomatici con gruppi, artigiani, organizzazioni, e queste le fai se sai di cosa parlare e come parlare.
In rievocazione a volte è anche difficile riuscire a uscire dal proprio campo visto la mole di lavoro che devi fare e l’attenzione a che tutto possa andare bene e tutto ciò non si può descrivere, perché non sono un manuale umano per nuovi rievocatori. 
La rievocazione la si deve vivere dall’interno, quando senti la fatica, la puzza, il dolore, l’umido sulla pelle; quando le cose vanno bene e altre le devi rimediare perché vadano bene; quando devi mediare con i caratteri di tutti e anche (a volte soprattutto) col tuo.
A volte torni a casa distrutta, a volte vorresti smettere, a volte sei felice e non vorresti mai smettere e capisci perché hai iniziato e perché vuoi andare avanti.
Di solito queste emozioni le provo quando torniamo da La Barben dopo una bella e conosciuta rievocazione francese dove è bello rincontrare gli amici, picchiare gli amici, ridere ed emozionarti quando tutti insieme (noi, i Blanc Manteaux, i Grifoni e tanti altri) vediamo i nuovi diventare sergenti o i meritevoli diventare cavalieri.
In Italia raramente provo la stessa emozione, forse perché raramente ci sono momenti in cui i rievocatori possono stare fra di loro oppure hanno la possibilità di gestire il proprio tempo e quindi “interpretare” un personaggio.
Brescia è stata così e ce la siamo proprio goduta.
Ma anche l’ultima, appena fatta, cioè Mantova Medievale.
Se non siete potuti venire vi siete persi una gran bella rievocazione!
Il prossimo anno pensateci e non fatevela scappare.
Ma quello che voglio dire non è tanto cosa abbiamo fatto, quanti amici ho rivisto, o quanto stupenderrima era la mia tenda arredata.
Quello che voglio dire è che a volte da una foto traspare quello che siamo e che le persone dovrebbero guardarle bene e capire che i preconcetti (anche in buona fede) sono deleteri. Quello che voglio farvi vedere è chi sono io davvero.
Perché quello che avete letto è solo una parte di me.
Una parte del mio lavoro da rievocatrice. 
Non so perché, ma per ora vi ho mostrato solo la parte che io sto stessa sto imparando, capendo nuove tecniche, antichi mestieri.
Quello che sono è tanto e tutt’altro. E chi mi conosce davvero lo sa.
Non cerca di mettermi in una scatola, in un ruolo, in una figurina. Chi mi conosce non si pone il problema di catalogarmi, perché lo sa che non è possibile e che non lo sopporto (chi lo fa scatena la mia ira. E non è un modo di dire).
A Mantova Medievale, come ci sta capitando da almeno un anno e più, ci sono stati tantissimi fotografi che ci hanno immortalato sia posando che prendendoci nella nostra normalità. Tutti i rievocatori lo sanno e il rumore delle macchine fotografiche si sente, ma dopo poco te ne fai una ragione e te lo dimentichi e sei te stesso.
Quindi il lunedì dopo trovi la vera motivazione per cui si rimane su fb: vedersi in foto!
E scopri quello che vedono di te gli altri e scopri anche cosa comunichi.
Di certo io aspettavo fortemente questa foto, chiesta e ottenuta da Camillo Balossini. Avevo arredato la tenda anche perché lui mi facesse quella foto. Mi serviva una foto seria, elegante e femminile. Mi serviva per quello che sto facendo anche qui sul blog.
foto di Camillo Balossini
Stupenda!
Molto meglio di quanto mi immaginassi. Ha tutto quello che mi aspettavo che si vedesse. Mi fa anche le gambe lunghe! 
Sono rimasta a guardarla per lunghi minuti e non trovavo niente che non fosse a posto, preciso, proprio come la volessi io. Balossini come al solito è riuscito a cogliere tutto il racconto che sta dietro a un personaggio rievocato e lo rende vivo. Qualcuno dirà che è tutto merito del rievocatore, ma io penso che se non è il “lettore” (cioè lo spettatore) che decodifica il nostro lavoro e la nostra passione, nessun altro lo può fare.
Lui lo ha fatto e io ne sono felice.
Se volete vedere le altre sue foto di Mantova Medievale le trovate qui sul suo profilo fb.
Poi più il tempo passava e più foto veniva fuori e le emozioni ritornavano alla memoria (beh non era passato tanto tempo, ma capite sembrava di essere di nuovo lì sul lungo lago). E vedi particolari che ti erano sfuggiti, eventi che avevi perso, situazioni ricreate per dare l’idea di essere tornati nel 1403 (noi c’entriamo come i cavoli a merenda, ma tant’è!). Ridi, ti emozioni e poi ti vedi!
Ti vedi per come sei, per quello che hai vissuto, per quello che in una rievocazione ti ha emozionato davvero. E sei felice a vederti così.
Ripensi alla fatica, alle botte prese in testa, al dolore al polso colpa di una scudata; senti ancora il fiato corto, la milza dolorante, la tachicardia che ti toglie il fiato; la testa che ti scoppia dal gran caldo, il respiro bollente. Ricordi tutto, ogni singolo istante e…sei felice.
Perché non c’è manufatto che io possa fare che possa strapparmi la stessa sensazione di essermi guadagnata il mio posto come stare in seconda linea, dire scemenze con bestioni il doppio di me prima che lo scontro abbia inizio, ma che si comportano come se il sesso non fosse un problema: se sei sul campo di battaglia vuol dire che sei pronta a prenderle e che non scapperai dalla mamma piangendo. 
E io sono pronta. Sono diventata pronta con tutti i lividi che mi sono fatta in allenamento durante l’inverno a scherma, con tutte le botte prese, con tutta la fatica e il voler spostare il limite fisico un po’ più in là.
E allora ho visto che chi sono veramente io a volte viene fuori in tutta la sua verità e spontaneità.
e il suo album fb di Mantova Medievale 
Eccomi dopo una delle più divertenti e oneste battaglie che io abbia mai fatto negli ultimi tempi (ovvio tolta la Barben). Ne ho prese tante, mi ha abbattuto una alabarda sulla crapa che mi ha fatto vedere le stelle, ma non sono mai stata bene come in quel momento. E sì, ridevo di gioia!
Questa sono io: con 12 kg di armatura (solo perché è più corto l’usbergo, ma ne avrò uno corretto!), con il gambeson che puzza come 10 capre, con il fisico da “Sergente Bialetti” (primo soprannome datomi), con tutto il possibile per mascherare che io sia una donna.
Tutto il resto è uno stupendo corollario (che vorrei aumentasse ovvio) di una rievocatrice che ha iniziato a fare rievocazione perché poteva finalmente imparare a combattere con una spada vera e che non vorrà mai smettere di farlo, anzi che vorrà spostare il limite del proprio fisico un po’ più in là e capire davvero quanto cavolo sia faticoso fare il cavaliere!

PassaparolaBlog: Liebster Blog

Oggi ho ricevuto una nomination che però vale più di mille parole.

Ho ricevuto il  Liebster Blog:

ed è stata la dolcissima Lucia di “Il Filo di Lu”
http://ilfilodilu.blogspot.it/

Che cos’è il Liebster Blog?
Beh non lo conoscevo e quindi sono dovuta andare a girovagare in altri blog. Cavoli, ma sono stati nominati un sacco di blog! Fichissimo! Alla fine ho capito cosa è: un passaparola fra gli eletti che si divertono a parlare col mondo di sè stessi e delle loro passioni.

Ecco la descrizione precisa:
La parola Liebster deriva dal tedesco e significa “amabile“. In questo caso, blog preferito.
Ogni blogger che lo riceve deve consegnarlo ad altri cinque blog preferiti, con meno di duecento follower, le regole sono tedesche e quindi guai alle imprecisioni!
Ecco le semplici regole da seguire:
1. Il ricevente del premio dovra ringraziare il blog che l’ha premiato e linkarlo;
2. Dovrà copiare e incollare l’immagine del Liebster Blog;
3. Scegliere cinque blog meritevoli con meno di duecento iscritti;
4. Avvisare i blogger con un commento sul loro blog.

Ecco quello che ho trovato in giro.

Ora tocca a me nominarne 5.
Mica facile, ma so che voglio dare una spinta ai blog degli amici, quelli cari da una vita, ma anche quelli conosciuti da poco.
http://rossodirobbia.blogspot.it/
http://laparma-rendance.blogspot.it/
http://ledomatricidifornelli.blogspot.it/
http://gioiellididonna.blogspot.it/
http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/

Mamma mia che fatica!
Mi scuso con quelli rimasti fuori: cercherò di farvi sempre e comunque pubblicità attraverso i canali a me consoni.
Buona lettura e scrittura a tutti!

C’è posta per…

Settimana scorsa un pacchettino ha preso il volo dalla pianura padana alla terra dei miei avi.
Detto così sembra una cosa epica o religiosa, in realtà una passamaneria ha cambiato padrone.
Eppure per me ha molto valore…

Ha valore per essere la prima; ha valore simbolico per dove è andata.
Forse sono un po’ emotiva? Non mi interessa. Io ci ho visto un segno positivo e solo così voglio leggerlo.

Ho dovuto studiare un pacchettino che un po’ mi rispecchiasse. Volevo fare una cosa più tamarra, ma la stampante è offesa col pc di mio fratello e quindi ho ripiegato.
Ho dovuto fare un bigliettino che facesse riferimento non tanto a me, ma al mio “negozio”. Un grazie al Kraken per averlo fatto e sopportato tutte le volte che dicevo “un pochino più così e un po’ meno così si può fare?”.
Ho pensato alla fine che una bella coccinella potesse portare fortuna a tutti: pacco, mittente e ricevente.

Beh, meglio abbondare di coccinelle!

Grazie alle poste Parma-Sardegna: 2 giorni, con posta ordinaria. Mi chiedo anche ora come sia stato possibile…

Un buongiorno inaspettato.

Le sorprese sono tali perché accadano quando meno te lo aspetti.
Possono essere piccole o grandi, non importa, importa solo la gioia che ti mettono addosso.
E oggi ho ricevuto la mia piccola grande sorpresa.

Da ottobre sono anche su Etsy.
Mi hanno aperto un negozio le mie amiche, senza che io sapessi né cosa fosse veramente Etsy, né come funzionasse, né se fossi davvero interessata.
Per molti mesi ha campeggiato solitario il mio vermino, poi presa da un momento di follia ho aggiunto anche le mie passamanerie. Tanto le foto le avevo già fatte e anche pubblicate sulla pagina fb del blog.
Se bastasse mettere in vetrina gli oggetti per vendere, Etsy sarebbe anche facile. Il condizionale è d’obbligo, perché esso si basa sul passaparola, sul pubblicizzare i prodotti altri, nel “cuorare” che è simile al “mi piace”. Tutta una terminologia assurda, lontana dell’italiano, che ci fa credere di essere nel mondo delle fiabe, dove tutto va bene e ci vogliamo un sacco di bene.
Uno dei meccanismi del fare pubblicità agli altri è fare le Treasury. Come spiegarle? Unire non più di 16 oggetti in un’unica vetrina pubblica, secondo un argomento di propria voglia (colori, sapori, animali, tecniche etc. etc.). Più ne fai e più ti fai conosci. Più metti oggetti stranieri (Etsy è mondiale) e più il tuo nome si espande nel mondo virtuale.
Anche sulle treasury ho faticato a capirne il meccanismo (Etsy non è intuitivo) e soprattutto per farmi venire la fantasia per farle.
Un giorno presa dall’ispirazione ho creato una treasury sul medioevo per bambini: costumi, giochi, oggetti, disegni. Ho creato my funny little middle ages.
Poi l’ho lasciata “crescere”: i commenti fanno sempre piacere, ma è il suo vagare nel web che conta. Vai mia piccola treasury!

Oggi aprendo il mio negozio per controllare e sperare in un ordine, ho ricevuto la mia piccola sorpresa che ha aumentato il buon umore (nato dall’allenamento ottimo di ieri sera): la mia treasury è finita in un blog!
Certo, chi l’ha messa aveva un oggetto nella mia treasury, ma il commento mi ha entusiasmato (leggete le prime righe). La mia passione per il medioevo è passata anche attraverso una cosa così piccola e lontana dalla didattica e dalla rievocazione. E’ passata perché c’è e a me sta bene così: fa parte di me e non c’è screzio, difficoltà o altro che può allontanarci.
Lunga vita al Medioevo!!!

Mille non più mille

Alla faccia dei profeti di sventura che mille anni fa, ma poi anche 11 anni fa decretavano la fine del mondo (beh, per ora eliminiamo i futuristi del 2012), alla faccia dei gremlins nel mio pc che hanno fatto di tutto per vincere, questo blog ha superato la soglia delle 1000 visite!!!!!!!!!!!!!
Ringrazio amici e parenti che cercano di capire cosa mi frulla per la mente (il neurone non sempre gira a vuoto). Per i pellegrini “anonimi” e “invisibili” un grazie commosso: non sapete chi sono eppure vi va di svagarvi leggendo di me.
Fra poco spero di poter tornare alla normalità e poter avere la possibilità di mettere foto e scritti decenti.

Ognuno ha il Virgilio che si merita

Salve!
Sono Chaucer, un polpo incunabolo.
Vi chiederete cosa sia un polpo incunabolo, beh…come dire, sono un polpo un po’ strano.
Non vivo nel mare, ma in mezzo a libri, a fumetti, a documenti, fonti e foto.
Non ho bisogno di mangiare, se non di parole e cultura.
E amo viaggiare. Conoscere posti e luoghi.
Spero di potervi fare vedere molte cose nei prossimi giorni.

Tafazi? No grazie!

Credo di aver aperto questo blog non solo per sponsorizzare il mio lavoro e passione di rievocatrice, non solo per sponsorizzare e divulgare il lavoro di sperimentazione e rievocazione di amici e parenti, ma anche per cercare di contrastare una situazione che io ritengo deleteria: la sindrome di Tafazi.
Molti spero ricorderanno Giacomo del trio Aldo, Giovanni e Giacomo vestito come un ninia si batteva i gioielli di famiglia con una bottiglia di plastica. Ecco chi era Tafazi.
Questa sindrome si applica a tutto e tutti e in questo caso vorrei combattere quella che riguarda la cultura.
Siamo un paese in crisi, piena di incompententi in posti di direzione, di demagoghi pronti a stracciarsi le vesti per un nunnulla, senza usare il povero neurone che Dio ha donato loro.
Eppure ci sono eccellenze, isole di cultura e di grandezza; persone che si battono per divulgare senza piedistalli e senza paura; ci sono biblioteche che funzionano perchè ci sono persone che amano leggere e documentarsi; librerie che vendono libri non solo a Natale (per la serie “gli italiani non leggono”…ma allora perchè Feltrinelli, almeno a Parma, è sempre piena? Oppure tanti cinefili entrano nei cinema con le buste di Feltrinelli o Mondadori?).
Io credo che per fare cultura bisogna parlare francamente, scendere dalle cattedre, togliersi l’alone di maestro o santone, smettere di circondarsi di leccapiedi e avere il coraggio di confrontarsi e anche, perchè no, scontrarsi civilmente.
La mia esperienza di rievocatrice questo mi insegna ogni volta che la gente si sofferma a chiaccherare di storia e a incuriosirsi per quello che io e il mio gruppo mostriamo loro; ogni volta che vado a una mostra o un museo insieme ad amici rievocatori o archeologi e ti accorgi che la gente ascolta quello che dici; ogni volta che fai dimostrazione ai bambini e loro ti sommergono di domande senza remore.
Qui voglio dare spazio a tutti coloro che sono convinti che cultura sia coraggio e semplicità.

Da qualche parte bisogna iniziare

C’è sempre un punto di partenza o di svolta. Basta saperlo trovare.
A volte basta fermarsi e guardare alle proprie spalle.
Vedere quello che ci è sfuggito.
Notare quello che si è dimenticato.
O forse basta preparare un thè caldo, tagliare un pezzo di torta e aprire un buon libro di Storia.
E il gioco è fatto.
Questo è quello che potrete vedere e leggere. O forse solo assaporare…