Santo Buddha e il Battistero di Parma

Ci sono cose che dai per scontate perché ce le hai sotto mano e ci sono cose che si scoprono e si comprendono anche solo con un là trovato su una rivista. Ecco quello che mi è capitato leggendo un articolo di “Medioevo” del 2013: in una lunetta del Battistero di Parma c’è narrata una parabola tratta dalla storia di “Barlaam e Josaphat” che altri non è che la storia cristianizzata del Buddha. Come è strano il medioevo eh?

Perché il medioevo tanto vituperato non solo non è buio e grigio, ma non è nemmeno statico. Viaggiavano i mercanti, viaggiavano i marinai, viaggiavano i pellegrini, viaggiavano gli ambasciatori, viaggiavano le principesse mandate in sposa a signori lontani, viaggiavano i soldati, viaggiavano i maestri e gli studiosi, ma soprattutto viaggiavano i monaci. E ovunque andassero queste persone raccontavano storie, interagivano con gli altri, ascoltavano gli altri, portavano a casa storie che facevano loro. L’apporto a questo meccanismo è dovuto soprattutto ai monaci che in un modo o nell’altro hanno copiato, ricopiato e tramandato tutto quello che passava sotto le loro mani con l’unico “difetto” di cristianizzare il tutto. I monaci cristianizzavano miti e divinità positive altrui perché in esse, dicevano, si vedeva la mano, lo spirito e la volontà di Dio. Non è proprio un’appropriazione, ma piuttosto la vera essenza del medioevo che è sempre e costantemente permeato di Dio, per cui solo in casi estremi non si riconosce che Dio può essere ovunque e che non esiste popolo (anche il più strano) che non possa essere raggiunto dalla sua misericordia.

Questo modo poi di “tradurre” la mitologia altrui ha permesso non solo di venire a conoscenza di altre religioni e dei meccanismi di contatto fra i cristiani occidentali e non e gli estremi del mondo, ma permette ai filologi di poter ricostruire la base storica reale e poter permettere ad antropologi e rievocatori (perché no) un miglior studio: basta togliere la copertura.

Ma andiamo nello specifico. E scusate se vado a parlarvi della cosa in sintesi, ma se no, come ho potuto notare iniziando a cercare informazioni sulla cosa, ci scappa una tesi.

La leggenda o il racconto di Barlaam e Josaphat (da ora in poi B&J) arriva a Bisanzio attraverso i contatti con l’islam islamitico che aveva a suo tempo trasformato Buddha in un mistico mussulmano. Qui la storia arriva e si fa così interessante che nel X secolo il monaco georgiano Giovanni e suo figlio Eutimio ottenendo dall’imperatrice Teofano di poter istituire un monastero sul monte Athos iniziano a rielaborare questa storia e soprattutto a metterla per iscritto. Dalle loro mani esce il testo fondamentale per la nostra vicenda: il “Balavariani”. Questo testo sarà il libro cerniera per i racconti che arrivavano dall’oriente attraverso la doppia via bizantina e araba e poi si diffonderanno in modo inimmaginabile per tutta Europa diventando davvero la fonte di tantissimi racconti del medioevo cortese.

il mondo è piccolo a volte

il mondo è piccolo a volte

Ci sono traduzioni in tutte le lingue attraverso le linee di contatto (greco → slavo ecclesiastico → russo e serbo; greco → est del mondo; greco → occitano, oil, medio-alto tedesco, inglese, spagnolo, boemo, polacco); continuando a riproporsi nel secoli dal X secolo fino al 1800, trovando echi fino al “Siddharta” di H. Hesse.

In Italia più e più volte è stato riprodotto:

  • cappella di Sant’Isidoro nella basilica di San Marco a Venezia
  • rilievo della cattedrale del duomo di Ferrara
  • affreschi dell’abbazia delle Tre Fontane a Roma
  • affreschi di Palazzo Corboli ad Asciano
  • mosaico della cattedrale di Otranto
  • lunetta del Battistero di Parma

Nel medioevo è tale la fama di questo giovane santo, tale il suo esempio che non ci si pone alcun dubbio e viene inserito nel novero dei santi della “Legenda Aurea” di J. da Varrazze. Ma il medioevo è anche questo, coi suoi santi popolari, acclamati e mai visti, la cui presenza fisica alla fine non è così importante basta avere una reliquia che ne attesti la presenza. E alla fine non hanno tutti i torti, lasciando perdere il discorso economico e di prestigio e basandoci solo sull’umanità, in un’epoca in cui le comunicazioni erano lunghe; i papi cambiavano e tu che magari abitavi a 1000 km non sapevi nemmeno che faccia avesse se non per volere di un pittore che te ne riportava le fattezze; in cui gli echi di vittorie arrivavano quando oramai non si avevano più praticamente gli esiti; in cui si facevano a piedi o a cavallo non più di 30 km al giorno o giù di lì; insomma dove internet e la tv non esistevano come si poteva stare a controllare tutto e subito? Va bene così, gli effetti del credere non portarono solo guerre ed eresie, ma anche ricchezza e monumenti meravigliosi.

Cosa parla la storia? Di un giovane principe che per volere paterno, a seguito di una profezia negativa, è costretto a vivere rinchiuso in una torre allietato solo da persone giovani e sane in modo che il suo cuore e la sua mente non possano mai vedere la corruzione della malattia e della vecchiaia. Ma soprattutto non gli è permesso conoscere i cristiani che vivono nel suo regno. Il re può tutto, ma diciamo che Dio può qualcosa di più e il giovane Josaphat viene a conoscenza dell’eremita cristiano Barlaam e non solo scopre cose che gli erano precluse e che faranno di lui un misericordioso, ma si converte e sceglie di abbandonare tutti i lussi, difendere i cristiani e vivere come un eremita. Ovviamente il contrasto col padre è duro e drammatico, fino a quando il buon cuore del giovane riesce a portare a Cristo tutti quegli che gli sono vicini, padre compreso.

Ma arriviamo a Parma. O meglio è probabile che ci arrivasse una serie di operai di origine serba a seguito della scuola bizantina di Costantinopoli che nel XIII secolo lavorò all’abbellimento del monumento. Questo si ipotizza studiando in modo analitico tutte le varie scuole che si avvicendarono nel XIII per la conclusione dell’opera e di cui non mi dilungo perché è davvero troppo dettagliato.

Lato meridionale

Lato meridionale

Cosa viene rappresentato?

lunetta meridionale

lunetta meridionale

Un ragazzo arrampicato su albero frondoso e ricolmo di frutti è intento a mangiare miele, incurante del fatto che ai suoi piedi un enorme drago gli sputi addosso fuoco e due roditori rosicchino le radici dell’albero. Ai lati i due carri del sole e della luna trainati da cavalli e da buoi compiono il loro rispettivo tragitto proprio correndo contro l’albero.

il sole

il sole

la luna

la luna

il fanciullo e il favo di miele

il fanciullo e il favo di miele

il drago e i due roditori

il drago e i due roditori

Questo è il quarto apologo del B&J che l’eremita racconta al giovane per mostrargli le vanità del mondo. Nel testo originale è leggermente modificato: un uomo caduto in un abisso fuggendo dall’unicorno, si aggrappa a un arbusto, mentre due topi (uno bianco e uno nero) ne rosicchiano le radici, e un drago e quattro serpenti lo attendono nel fondo dell’abisso. L’uomo distratto da una goccia di miele dimentica tutti i pericoli.

La versione parmigiana è semplificata, ma mantiene tutti gli elementi che fanno capire al suo osservatore il senso dell’ exemplum: le lusinghe del mondo distraggono l’uomo dall’avvicinarsi della morte e dei pericoli che lo circondano. Se pensiamo che è posizionato su una lunetta di uno dei due ingressi del battistero, possiamo ben capire il messaggio che si voleva non tanto dare al battenzando, ma a coloro che battezzati lo erano già, ma troppo distratti dal ricordarsi il messaggio cristiano.

Ancora una volta un monumento parla non a un singolo, ma a un’intera comunità ricordando in modo chiaro e facile (per loro, meno per noi) come ci si dovesse comportare. Ancora una volta il medioevo appare così semplicemente complesso, raccontando su un punto piccolissimo di un edificio a migliaia di chilometri di distanza la storia stravolta, rivista e rivisitata ben due volte da due religioni, del Buddha indiano e della sua straordinarietà spirituale. Per chiunque volesse continuare a pensare che il medievale era un uomo chiuso nel suo mondo, chiuso alle storie altrui e ignorante, si rilegga questa vicenda e verrà smentito.

I libri che ho usato per questo breve post sono

  • “Storia di Barlaam e Iosafat” di Cesaretti e Ronchey
  • “Il Battistero di Parma. Iconografia Iconologia Fonti Letterarie” a cura di Giorgio Schianchi
  • “Medioevo” dicembre 2013

 

Sant’Ilario di Poiters patrono di Parma

Non starò qui a farvi un panegirico del patrono della mia città, nè a raccontarvi ogni piccola cosa che ha fatto e il perché è stato reso santo e altro, qui vi racconto che nel cuore dell’Oltretorrente c’è un piccolissimo oratorio a lui dedicato e che il tempo e il denaro costringe a tenere aperto solo il giovedì e al giorno a lui dedicato. Che la porta dell’oratorio sempre chiusa per tanti anni è stata una ferita al cuore sociale della città, ma che il santo è sempre stato uno di noi. La devozione del parmigiano non è plateale nè coreografica, ma tratta santi e personaggi storici come se fossero uno di loro, come se ce li si aspettasse alla fermata dell’autobus a lamentarsi del sindaco e a urlare “comunque sempre viva forza il Parma!”.
Siamo così.
Forse sarà per il fatto che nel medioevo abbiamo regalato alla storia due antipapi.
O forse perché la nebbia attutisce un sacco di cose ed emozioni e lascia le parole sussurrate a rincorrersi per l’aria.

statua del santo di epoca quattrocentesca.

Sant’Ilario è “quello delle scarpette” e difatti per la sua festa si fanno dei semplici dolci di pastafrolla a forma di scarpa, magari colorata con la glassa (nota per la mia mamma che legge il blog: io mi segno tutti gli anni in cui non me le hai comprate…).
La motivazione è che il santo è stato patrono della corporazione dei calzolai.
Ma partiamo un pelino prima.
Sant’Ilario era francese (non a caso Poiters) ed era nato da famiglia pagana nel 315 circa e si convertì da adulto al cristianesimo, dedicandosi anima e corpo al contrasto all’arianesimo. La sua predicazione era talmente virulenta che, vuole la leggenda, venne mandato in Anatolia per andare lontano a predicare. E qui iniziò il suo pellegrinaggio che molto probabilmente lo portò a solcare le strade vicino a Parma…comunque sia dall’Anatolia dopo qualche tempo venne rispedito in patria per lo stesso problema che lo aveva allontanato. Sulla strada del ritorno, questo santo pellegrino, si ferma di sicuro a Parma dove un ciabattino viste le sue condizioni si offre a sostituirgli le scarpe, senza aspettarsi nulla.
Il santo colpito da tanta generosità fa trovare la notte successiva un paio di scarpe d’oro che risolvono ogni problema del ciabattino.
Ecco qua la vicinanza con la corporazione dei calzolai.

Il santo divenne patrono di Parma nel XIII per ingraziarsi Carlo d’Angiò per aver aiutato la città (ricordo di aver letto da qualche parte chi fosse il patrono precedente, ma come al solito non lo trovo nei miei libri. Come al solito quando mi serve qualcosa) e tale è rimasto fino a noi.

L’Oratorio a lui dedicato si trova nell’ospedale vecchio (come da noi si chiama), ma che nel quattrocento era l’ospedale della Misericordia, con inglobato l’ospedale degli Esposti voluto nel 1201 da Rodolfo Tanzi benefattore di Parma.

Rodolfo Tanzi morto nel XIII secolo, ma qui risepolto con una nuova tomba.
La lapide originale venne mantenuta, ma sinceramente non ho capito dove si trovi.

L’oratorio odierno è una costruzione del 1663 e sostituisce quello costruito nel XIII secolo oltre piazzale della Croce (e quindi molto al di fuori delle mura cittadine o del controllo della città) e l’oratorio dedicato alla Madonna proprio nell’ospedale degli Esposti.
Esso venne dedicato a tutti i santi medici o taumaturgici che si ricordino proprio per la sua posizione all’interno di un complesso medico che rimase funzionale fino al 1920 circa.

 

La giornata a lui dedicata è il 13 gennaio e di solito nell’oratorio si fa la messa per le autorità (anche perché è talmente piccolo che non ci sta nessun altro), la distribuzione delle scarpette dolci e dei guanti bianchi (questa tradizione non so da dove venga) ai bambini.
In più in Comune con gran cerimonia vengono premiati i cittadini illustri che con le loro opere di valore hanno reso lustro alla città. Ecco  i premiati di quest’anno e la motivazione.

Io di solito me ne sto a casa a polleggiare o si esce con gli amici per una birra o cose del genere, ma quest’anno ho proprio voglia di godermi la mia città e quindi l’occasione era propizia.
Peccato il cattivo tempo che ha costretto tutti a chiudersi in casa.
Eppure il piccolo oratorio era pieno zeppo di gente e io non sapevo nemmeno perché. Il mistero è durato poco perché ho scoperto che ci sarebbe stata una lezione di storia nell’oratorio su di esso e poi un concerto di musica popolare parmigiana.

Il coro tutto femminile, intramezzato da poesie in dialetto che ci raccontano le feste nelle famiglie parmigiane, è il coro “Il cuator Stagion” diretto da Mariangela Bazoni, ci ha deliziato con canzoni nel nostro dialetto degli inizi del ‘900.

Una bella giornata tutta parmigiana, perché alla fine non si può dire altro che Parma è “tam bela!”.

Chiesa di Santa Croce (Parma)

Con questo post inizia una serie di mie incursioni sulla mia amata città. Da oggi spero di poter documentare al meglio la situazione dei monumenti di Parma, cercando di farvi conoscere la loro storia e anche il loro stato attuale.
Non ci sarà una logica nella scelta di monumenti e musei. Diciamo che mi lascio prendere dall’ispirazione e dalla mia bicicletta.

Altra avvertenza: aspettatevi che mi soffermi su quello che è rimasto di medievale e soprattutto di 1200. Mi sa che scoprirò anche io delle bellezze.

Prima chiesa : Santa Croce.

Deve il suo nome al fatto che durante la sua consacrazione nel 21 agosto 1222 il vescovo Grazia colloca nell’altare una reliquia del Sacro Legno, insieme ad altre reliquie.
A pensare a Parma mi viene da dire che questa chiesa eretta nel 1210 circa dovesse trovarsi ai limiti estremi nella città (tutt’ora si trova all’inizio del centro partendo dalla zona comunemente chiamata Oltretorrente) durante il medioevo. Molto probabilmente si trovava su una delle strade che portava alla via Francigena (la più importante via di pellegrinaggio che attraversa la nostra zona).

La sua storia poi si perde nel silenzio di una chiesa sempre usata, per poi tornare alla ribalta nel 1415 quando l’architetto Giorgio da Erba le da la forma attuale.
Da quel momento in poi la sua storia vede alternarsi la proprietà all’abate di S. Giovanni Evangelista, alla chiesa di Santa Maria in borgo Traschieri, alla Confraternita di S. Giuseppe e infine alla Congregazione della Carità.
Il 16 settembre 1933 viene eretta parrocchia in sostituzione di S. Maria in borgo Taschieri e in quel momento le viene dato un nuovo restauro.

La chiesa in questi giorni di settembre ci regala luci e ombre molto evocative: si appoggiano su statue e dipinti, lambiscono volti e nascondono mostri, rivelano pietà nascoste e lasciano soprattutto il tempo per la meditazione.
Questa piccola chiesa dall’esterno spoglio e lasciato a se stesso, rivela un interno accogliente anche se purtroppo non curato come dovrebbe. Di certo non è colpa dei fedeli (a qualunque ora sono passata ho sempre trovato qualcuno che pregava) o delle donne che ci badano: purtroppo necessiterebbe una pulizia profonda. Vabbè che anche i ragni sono creature di Dio, ma certe loro ragnatele ricordano dei film horror.
Ma in fin dei conti importa che il luogo di culto sia fruibile e accogliente.
E la cappella del Santissimo Sacramento accoglie il fedele in preghiera con una magnificenza non troppo ingombrante e una luce che si riflette sl legno dorato di ispirazione barocca.

In questa chiesa ci sono almeno due dipinti che mi hanno molto colpito o per la sua rarità del soggetto o per la sua strana impostazione.
Per il primo esempio si tratta di una Madonna allattante il Bambino, un affresco del XV secolo. Spicca per la sua isolata presenza su una parete completamente spoglia, ma anche per essere ben circondata da ex voto. Non ho saputo indagare se questa Madonna viene invocata per particolari grazie, ma spero di scoprirlo presto.

Per il secondo esempio c’è il dipinto “San Lorenzo e San Rocco con la Madonna detta di Campagna”. La cosa particolare è proprio la Madonna che è un busto di terracotta del XVI secolo.
Il nome della Madonna viene dal fatto che nei tempi passati veniva invocata per essere preservati dalle alluvioni e piogge eccessive e nel caso portata in processione per la città.

Ma ammetto che ciò che mi ha colpito sin dall’inizio sono i capitelli.
Di certo sono l’elemento più originale della chiesa, anche se il professore Arturo Quintavalle li data nel XII secolo facendoli scolpire da due scultori della bottega della Cattedrale di Parma, guidata dal “Maestro dei Mesi” e di influenza cluniacense.
Non tutti i capitelli sono ben comprensibili e trovano certa spiegazione. Purtroppo questo grande fumetto di pietra ha perso la parola, perdendo con la morte i suoi lettori. Noi rimaniamo silenti e possiamo solo cercare di avventurarci in spiegazioni, anche se mai davvero lo potremo capire.
Due sirene con code biforcute e due serpenti intrecciati che le mordono

Centauro sagittario trattenuto da un uomo nudo e…

…attaccato da animale che lo morde.

Aquile e serpenti a X

Uno dei due grifoni presenti nella chiesa. Entrambi sono solitari e non coinvolti in scene particolari.

Leone con due corpi. Di solito si vede il contrario: due teste e un sol corpo.

La strage degli Innocenti

Uomini carponi. Agli angoli si possono notare delle teste che uniscono gli uomini attorno a tutto il capitello.
Cavaliere. Alla sua destra si possono intravedere due uomini che lottano.
Questo personaggio viene collegato ai racconti che proprio nel XII secolo iniziavano a farsi largo nella società medievali: chanson de geste e romanzi cortesi.
Ecco il primo reportage dei monumenti della mia città. Spero che vi abbia incuriosito ad andarla a visitare.

Consigli per la lettura

Quando si affronta la storia patria si dimentica sempre la storia cittadina. Chi però è appassionato di storia medievale si rende conto invece che si parla poco di patria, ma piuttosto di regni piccoli o grandi che siano. E ci si rende conto che le leggi che valgono in una città, e il suo circondario, non valgono per la città vicina, e il suo circondario. Per non parlare poi delle dominazioni più o meno straniere, dei popoli che si sono stanziati anche temporaneamente il suolo italico. La storia d’Italia è varia e variegata e stimola la curiosità.
Io faccio ammenda e ammetto di conoscere veramente poco la storia della mia Parma.
Così quando è arrivato questo libro, in modo inaspettato, l’ho ritenuto un tesoro.

Purtroppo essendo una lettrice compulsiva e colei che deve rispondere molte domande sul medioevo sia all’interno del mio gruppo che all’esterno, grazie all’apporto del forum della Mansio, questo libro è andato a finire in fondo alla lista. Alla fine è arrivato il suo turno ed è stata una sorpresa.
Ottimamente supportato dall’uso delle fonti e dal riportarle in formato chiaro, attraverso un ampio spazio dato alle note (dove vengono riportati i passi in latino); da una serie di appendici brevi, ma che servono ad ampliare il discorso; un nutrito numero di cartine e di tavole esplicative; soprattutto si sofferma sui dettagli e rende viva la città. Purtroppo non ha uno straccio di foto, nemmeno a pagarlo!
E appare tutto come una sorpresa.
Perchè Parma ha dimenticato il suo passato medievale, per quanto le tracce siano tutt’ora visibili sull’urbanistica (lo spostamento del torrente Parma, per esempio) o sui palazzi della città (torre pediculosa in via Farini). Sembra che Parma sia nata coi romani (ah, prima c’era il nulla!) e poi sia passata subito alla dominazione francese dal 1600 e al ducato di Parma, Piacenza e Guastalla con la sempre amata Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone. Senza contare il suo apporto alla Resistenza.
Ed invece no!
Il passato medievale di Parma rivela una città molto importante (visto che attraverso essa si passava in Toscana attraverso la Cisa; la via Francigena; per esempio) sia dal punto di vista politico come spirituale (non a caso dal suo soglio vescovile vengono ben 2 antipapa).
E questo libro lo esplica molto bene.
E questo è solo il 3 volume e si ferma alla soglia del periodo che io rievoco: tocca cercare il 4 volume.